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I colossi del retail come Hermes, Burberry, Chanel e LV possono utilizzare l’intelligenza artificiale e il machine learning per evitare lo spreco

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“Nel 2018, il brand britannico del lusso Burberry ha fatturato 3,6 miliardi di dollari – e ha distrutto 36,8 milioni di dollari di merce”

Nel mondo c’è più merce che mai. Con i social media e internet, le tendenze nella moda hanno subito un rapido cambiamento e la conseguente accelerazione del ciclo della moda. La pandemia, colpendo la catena di approvvigionamento, ha probabilmente rappresentato solo una breve pausa per molti brand. Questi, infatti, sono stati lenti ad adattarsi e producendo un eccesso di scorte che hanno dovuto poi “bruciare” per salvarsi la reputazione. 

https://www.vox.com/the-goods/2018/9/17/17852294/fashion-brands-burning-merchandise-burberry-nike-h-and-m

Richemont, uno dei principali attori nell’industria del lusso e proprietario di marchi come Cartier, Piaget e Baume & Mercier, ha ammesso che, nel tentativo di tenere i suoi prodotti lontani dalle mani di venditori non autorizzati, ha distrutto circa 563 milioni di dollari di orologi tra il 2017 e il 2019.

“Questo è il segreto di Pulcinella dell’industria della moda che dimostra quanto sia inefficiente il sistema attuale: è più conveniente bruciare questi fantastici prodotti piuttosto che produrne di meno”, ha dichiarato Orsola de Castro, co-fondatrice del gruppo di difesa Fashion Revolution. L’industria della moda è, inoltre, una delle maggiori responsabili del riscaldamento globale,  causando circa il 20% dell’inquinamento industriale dell’acqua e il 10% di quello atmosferico.

Il poliestere viene prodotto nelle fabbriche con l’etilene (derivato dal petrolio), che rappresenta circa il 60% del mercato totale delle fibre. 

Inoltre, quando la merce viene bruciata o distrutta vengono utilizzate molte sostanze chimiche che finiscono direttamente nell’aria contribuendo alla produzione di CO2. In quest’ottica, i principali marchi di moda dovrebbero utilizzare tessuti alternativi e più sostenibili, come le miscele di cotone e seta o i tessuti in fibra cellulosica come moda, tencel e lyocell.

Marchi più giovani come Stella McCartney, Guyana e Boden si sono resi conto che, utilizzando meglio i dati transazionali e rimanendo al passo con i cambiamenti nei modelli di acquisto dei clienti, i decision maker possono riuscire a stare al passo con la concorrenza anche evitando una sovrapproduzione di merce e un eccesso di distribuzione.

Man mano che i vincoli della catena di approvvigionamento della pandemia si allentano, diventa sempre più chiaro che si tratti di un problema di produzione eccessiva piuttosto che di incapacità di approvvigionamento. È quindi tempo che le organizzazioni più grandi e tradizionali inizino a studiare modi migliori per sfruttare le nuove tecnologie al fine di per prendere decisioni migliori basate sui dati, sia dal lato dell’offerta che da quello della domanda. Non è un’impresa facile, ma la tecnologia, il momento e l’appetito dei consumatori possono aiutare a realizzare questo cambiamento di paradigma. I marchi di moda dovrebbero affidarsi ai dati per prendere decisioni più sostenibili ed educare i loro clienti a essere responsabili, il che potrebbe essere vantaggioso sia per le aziende che per l’ambiente.

Fonti:

https://www.vox.com/the-goods/2018/9/17/17852294/fashion-brands-burning-merchandise-burberry-nike-h-and-m

https://www.businessoffashion.com/articles/podcasts/the-bof-podcast-christopher-wylie-and-arti-zeighami

http://magnusmendax.blogspot.com/2018/07/burberry-follow-hermes-by-destroying.html